
Sta volgendo al termine l’Anno Giubilare, tanto atteso. È tempo di fermarsi e riflettere: quale segno ha lasciato dentro di me? Come ha inciso sulla mia vita spirituale e su quella della nostra comunità ecclesiale?
Le esperienze sono diverse: c’è chi ha trovato conforto nel perdono, chi ha riscoperto la fede, chi ha percepito la vicinanza di Dio. Ma c’è anche chi torna a casa con un senso di vuoto, anche deluso, con la sensazione come se nulla fosse realmente accaduto. E allora nasce spontanea la domanda: l’Anno Santo è davvero per tutti? Le Porte Sante sono davvero aperte a ciascuno?
Cristo dice: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi» (Mt 11,28). Ma queste parole sembra che parlano solo a chi sente il peso della vita, a chi è affaticato nel cuore. Gesù non si rivolge genericamente a “tutti”, ma a chi è assetato, smarrito, peccatore. Come disse altrove: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Lc 5,32). Le sue parole sono per chi ha ancora “fame e sete” di senso, di misericordia, di vita.
Quando il pellegrinaggio non trasforma
In molti iniziano il Giubileo pieni di speranze, senza però sapere esattamente che cosa aspettarsi. A volte ci si mette in viaggio per curiosità, per abitudine, perché “è un’occasione”. E così alcuni vivono un incontro autentico con Dio, piangono di gioia, testimoniano un cambiamento profondo; altri invece tornano a casa uguali, o addirittura svuotati.
Perché succede? Cosa fa la differenza?
“Sono andata in pellegrinaggio con un’amica che attraversava un periodo difficile. Le ho proposto di venire, sperando potesse esserle d’aiuto. E così è stato. Al ritorno, aveva uno sguardo diverso, un’altra luce negli occhi. Parlava dei suoi errori con sincerità e dei suoi sogni con coraggio. Ripeteva: ‘Adesso solo con Dio’. E io… avrei voluto vivere lo stesso. Ma forse non era il mio momento.”
Le Porte Sante non si attraversano per automatismo
Le Porte Sante non sono semplicemente un elemento architettonico da attraversare ogni 25 anni. Sono un segno. Nella tradizione della Chiesa, esse rappresentano un passaggio interiore: lasciare il peccato e aprirsi alla misericordia. Davvero tutti entrano con questo spirito?
Come in un ospedale: le porte sono aperte a tutti, ma solo chi è malato entra cercando una guarigione. Così le Porte Sante: molti le attraversano, ma non tutti ricevono la grazia. La chiave è la disponibilità del cuore.
“Dopo una lunga attesa sotto il sole, finalmente stavamo per entrare. Qualcuno suggeriva di digiunare fino al passaggio delle Porte. Tutti volevano entrare, nessuno rallentava. Quando arrivammo, il sacerdote disse qualcosa, una breve preghiera, silenzio, poi si riprese il cammino. L’interno della basilica era bellissimo, magnifico. Tutti scattavano foto, ammiravano l’architettura. Anch’io. Solo dopo mi sono accorta: le Porte Sante erano ormai alle mie spalle. Le avevo attraversate distrattamente, senza rendermene conto… e le avevo tanto attese.”
Un cammino del cuore, non del corpo
Ogni pellegrino è visto come un cammino per realizzare la speranza, o le speranze. È un cammino interiore, che richiede preparazione spirituale. Le Porte Sante non sono un “rito magico” né un’attrazione turistica. Sono un segno per chi cerca, per chi spera, per chi desidera rinnovarsi. È un pellegrinaggio del cuore che inizia prima dell’ingresso fisico nella basilica e continua dopo aver varcato le Porte Sante. Esse non sono solo un rito religioso o una condizione per ottenere l’indulgenza: sono un segno per chi cerca, per chi spera, per chi desidera rinnovarsi.
Nel Vangelo, due ciechi chiedono a Gesù la guarigione. Egli risponde: «Credete che io possa farlo?» e, dopo il loro “Sì”, li guarisce: «Avvenga secondo la vostra fede» (Mt 9,29). Non tutti vengono guariti. Solo chi crede.
Entrare nella Basilica è possibile per tutti. Ma cosa accade in questo cammino verso quelle porte? Cosa cambia durante e dopo? Dipende dalla nostra fede.
Essere ancora bisognosi
Oggi, in tempi di abbondanza e benessere, “avere bisogno” sembra qualcosa di cui vergognarsi. Le necessità vere sono rare. Viviamo circondati da bisogni artificiali, facilmente soddisfabili. Ma c’è qualcosa che vale la pena custodire: fame di verità, sete di misericordia, desiderio di salvezza.
“Durante il pellegrinaggio ci fu chiesto di prenderci cura gli uni degli altri. Accogliemmo questa proposta con gioia. Si sentivano spesso frasi come: «Posso aiutarti? Vuoi un po’ d’acqua?». Durante una pausa, offrii un panino a un ragazzo che era seduto da solo. Forse non aveva portato nulla con sé. Lui rifiutò gentilmente: «Non ho fame, ho appena mangiato delle patatine». Avrei voluto insistere, ma capii che non era il momento adatto. Qualche giorno dopo mi tornò in mente quell’episodio. Anche a me, infatti, era capitato di rifiutare un dolce prima di pranzo, per non rovinarmi l’appetito… È così facile saziarsi con cose che tolgono la vera fame. Saziamo il cuore con surrogati. E quando Dio si fa vicino, non abbiamo più spazio”
Le Porte Sante sono aperte per tutti, ma devono attraversare solo coloro che ne sentono il bisogno: chi cerca speranza, misericordia, chi ha sete, fame, chi è solo, ferito, condannato, malato, quelli che si riconoscono poveri, feriti, peccatori.
Ecco bisogna chiedere a se stesso: e io? Mi riconosco in questa categoria?
O forse ho già saziato la mia fame spirituale con qualcos’altro? O forse ho riempito la coscienza con giustificazioni o tecniche psicologiche? Non è un’anomalia che qualcuno ha imparato già a non aver più bisogno di Dio …
Allora tutto si riduce a un’attrazione religiosa, a uno show emozionale?
L’Anno Santo: dono e responsabilità
Il Giubileo è un’iniziativa di Dio, ma richiede una risposta personale. Non è un evento emotivo. È una chiamata alla fede. È il tempo in cui la Chiesa mostra il suo volto di Madre misericordiosa, e in cui ciascuno è invitato a lasciarsi abbracciare.

«Io sono la porta»
Gesù ha detto: «Io sono la porta. Chi entra attraverso di me sarà salvato» (Gv 10,9).
Questo è il cuore del Giubileo: Cristo stesso è la Porta. Passare per Lui significa ricevere vita nuova.
Ecco, non si tratta di chiedersi se le Porte Sante siano per tutti. La vera domanda è: tu, senti il bisogno di attraversarle?

